Il campo inquadrato

Gianluca Li Causi

 

I soggetti d’interesse per la fotografia astronomica che osserviamo nel cielo stellato sono molto vari, sia per quanto riguarda la loro natura fisica, sia per le dimensioni apparenti e sono proprio queste ultime che differenziano i campi di applicazione dell’astrofotografia.

Per ogni dimensione il cielo ci presenta degli oggetti caratteristici: dall’intero arco della Via Lattea, che si estende per 180 gradi da un orizzonte all’altro, fino ai pianeti del Sistema Solare, le cui dimensioni sono di pochi millesimi di grado. Tra questi due estremi troviamo, scendendo in dimensioni, tutte le altre amenità del panorama astronomico: le costellazioni intere, le nebulosità estese lasciate dalle esplosioni di antiche supernovae, le nebulose oscure lungo la striscia della Via Lattea, il Sole e la Luna, le nebulose diffuse che sono luogo di formazione stellare, gli ammassi aperti e gli ammassi globulari, le galassie, le nebulose planetarie e infine i pianeti con i loro satelliti (Tabella 1).

 

OGGETTO ASTRONOMICO

AMPIEZZA ANGOLARE

Intera volta celeste

180 °

Costellazioni più grandi

50 °

Costellazioni più piccole

10 °

Resti di supernova

5 °

Nubi oscure

1° ÷ 5°

Sole e Luna

32’

Nebulose diffuse

10’ ÷ 2°

Ammassi aperti

10’

Ammassi globulari, galassie

5’

Nebulose planetarie

1’ ÷ 5’

Pianeti

5” ÷ 50”

Tab. 1: Ampiezze angolari tipiche dei principali oggetti astronomici.

 

Questa varietà di dimensioni ci fa intuire come per ogni categoria sia necessario utilizzare una strumentazione diversa e specifica: con un telescopio non potremo inquadrare l’intera Via Lattea, così come con un fish-eye non potremo fotografare gli anelli di Saturno.

In particolare ci chiediamo quale obiettivo sia il più adatto per fotografare al meglio ognuno di questi oggetti. Per rispondere a tale domanda, dobbiamo conoscere l’estensione del campo inquadrato dai vari obiettivi e confrontarla con l’ampiezza angolare dell’oggetto da riprendere, ma per questa operazione è necessaria una certa familiarità con la misura delle ampiezze angolari. Sarà utile ripassare velocemente un po’ di geometria elementare. L’ampiezza angolare di un oggetto astronomico rappresenta, in parole povere, quanta parte di cielo è occupata da quell’oggetto e l’unità di misura più comune con cui essa viene quantificata si chiama “grado”. L’ampiezza dell’intera volta celeste, da un orizzonte all’altro, è fissata in 180 gradi, mentre, per esempio, l’estensione angolare del Sole o della Luna è di circa mezzo grado. Per misurare le frazioni del grado si usano i “primi d’arco”, che sono la sessantesima parte di un grado e i “secondi d’arco” (o“arcosecondi”), che sono la sessantesima parte di un primo d’arco, nella stessa maniera in cui le ore si suddividono in minuti e secondi. La simbologia con cui si scrivono le misure angolari consiste nell’indicare con un apice i primi d’arco e con un doppio apice i secondi d’arco: ad esempio la scrittura 20° 32' 6" si legge “20 gradi, 32 primi e 6 secondi” e indica un angolo poco più ampio di 20 gradi e mezzo (infatti 1 grado equivale a 60 primi, perciò 32 primi e 6 secondi sono poco più di mezzo grado, per la precisione sono 0.535°). Per dare ulteriori riferimenti, possiamo ancora ricordare che il Sole, all’inizio dell’estate (21 Giugno), si alza sopra le nostre teste fino ad un massimo di circa 80° a mezzogiorno, o che l’ampiezza del palmo di una mano aperto a braccio teso è di circa 15° e quella del dito indice corrisponde a un grado.

 

Gli obiettivi fotografici

La varietà degli obiettivi che ogni fotografo porta sempre con sé serve proprio per inquadrare, di volta in volta, la diversa estensione angolare sotto la quale si presenta il soggetto. Normalmente questa estensione dipende sia dalle dimensioni del soggetto, sia dalla distanza e dalla prospettiva del punto di ripresa, ma nella fotografia astronomica tali parametri non si possono variare in quanto fotografiamo sempre dalla superficie terrestre, perciò l’unico modo per modificare l’inquadratura è quello di usare obiettivi diversi.

            La regola generale è che le focali più corte corrispondono agli obiettivi grandangolari e le focali più lunghe ai teleobiettivi, ma vediamo nel dettaglio in che modo calcolare questa relazione. La Tabella 2 ci dà subito dei dati di utilità pratica: vi troviamo infatti la misura del campo inquadrato sulla pellicola per le focali degli obiettivi più diffusi. Questi valori sono validi solo nel caso che si usi il normale formato da 2436 mm, quello di quasi tutte le reflex e le compatte, ma è bene ricordare che i formati delle pellicole sono molti: il 2436 mm è anche chiamato “formato 135”, o semplicemente “35 mm” indicando con questo la larghezza della pellicola; c’è poi il “formato 120 / 220”, nel quale la dimensione dei fotogrammi è di 4.56 cm, 66 cm, o 67 cm, a seconda dell’apparecchio fotografico; infine ci sono i formati professionali da banco ottico con dimensioni di 912 cm, 1318 cm e 2025 cm, che non esistono in forma di rullino, bensì di singoli fogli da inserire nell’apparecchio un fotogramma alla volta. Nel caso che si usi uno di questi formati, i valori del campo inquadrato scritti in Tablella 2 dovranno essere aumentati in proporzione al formato stesso.


FOCALE DELL’OBIETTIVO

CAMPO INQUADRATO SUL 35 mm

8 mm

180°

16 mm

90° x 60°

24 mm

70° x 45°

35 mm

50° x 30°

50 mm

36° x 25°

85 mm

23° x 15°

135 mm

14.5° x 9.5°

180 mm

11.3° x 7.5°

200 mm

9.7° x 6.4°

300 mm

6.6° x 4.4°

500 mm

4° x 2.6°

1000 mm

2° x 1.3°

Tab. 2: Ampiezza del campo inquadrato con varie focali sul formato 35mm.

 

A parità di formato, il campo inquadrato è inversamente proporzionale alla focale dell’obiettivo. Il motivo concettuale per cui questo avviene è molto semplice e può essere illustrato dalla comune esperienza del proiettore di diapositive. Immaginiamo di attaccare un normale foglio di carta da lettera sullo schermo di proiezione: se poniamo il proiettore a qualche metro di distanza, le diapositive vengono ingrandite su tutta l’area dello schermo e il foglio di carta inquadra solo una piccola zona della foto, ma se avviciniamo il proiettore fino a poche decine di centimetri, l’immagine diventa più piccola e può essere completamente inquadrata all’interno del foglio. Allo stesso modo, quanto più la focale di un obiettivo è lunga, tanto più esso ingrandisce la scena osservata e, di conseguenza, tanto più piccola ne risulta la porzione inquadrata dalla pellicola.

Variando la focale cambiamo la cosiddetta “scala d’immagine”, che esprime l’ampiezza angolare inquadrata da un millimetro di pellicola: quanto più è grande la scala d’immagine, tanto più l’obiettivo è capace di inquadrare angoli ampi. La seguente formula esprime matematicamente questa relazione:

Scala (gradi/mm) = 57.3 / Focale (mm)

Questa formula è molto utile, perché ci serve per sapere il campo inquadrato sull’intera foto anche per focali diverse da quelle riportate in tabella, o per diversi formati della pellicola: è sufficiente, infatti, moltiplicare la scala per le dimensioni del fotogramma espresse in millimetri:

Campo sul formato  24 x 36 mm = (Scala x 24)° x (scala x 36)°

Campo sul formato  6 x 6 cm = (Scala x 60)° x (scala x 60)°

In realtà, se usaste questa formula per le focali elencate in tabella, trovereste dei valori un po’ diversi da quelli riportati: una formula così semplice, infatti, vale esattamente soltanto per le focali più lunghe; quando la focale è corta, come negli obiettivi grandangolari, si hanno degli effetti prospettici che rendono la scala d’immagine non uniforme sull’area della pellicola, cioè diversa al centro del fotogramma rispetto ai bordi e in tal caso la tabella ne mostra solamente un valore approssimato.

 

I soggetti astronomici

Confrontando le due tabelle precedenti possiamo sapere, orientativamente, quale focale utilizzare per ritrarre un qualsiasi soggetto astronomico e uno schema ancora più intuitivo è dato in figura 1, dove i singoli campi sono tracciati direttamente su una foto della Via Lattea per mostrarne la diversa relazione con gli oggetti reali.

I grandangolari, per esempio, sono adatti alla ripresa di ampie zone della Via Lattea o delle costellazioni più estese, ma già le costellazioni minori, o la Luna e il Sole, appaiono troppo piccole per vederne la struttura; in compenso questi obiettivi non necessitano di un sistema equatoriale particolarmente preciso o robusto.

Il minimo obiettivo in grado di riprendere la Luna nelle sue fasi deve avere una focale di almeno 50 mm, mentre già un teleobiettivo da 200 mm è in grado di offrirne delle foto dettagliate.


Fig. 1: Confronto tra i campi inquadrati da focali diverse: sulla foto a grande campo della Via Lattea eseguita con un 16 mm (foto di Massimo Piccinini) sono rappresentate le inquadrature delle altre immagini, effettuate con obiettivi di focale via via crescente. Il campo del 35 mm nel Sagittario (foto di A. Garatti e G. Li Causi) è già molto più piccolo, anche se questo è ancora considerato un grandangolare. Il campo del 50 mm invece non si differenzia moltissimo dal precedente (foto di G. Li Causi), mentre un teleobiettivo da 180 mm ne ingrandisce una piccola porzione, evidenziando la forma delle nebulose diffuse “impronte di gatto” (foto di A. Garatti, G. Li Causi e A. Ricciardi). Per inquadrare una singola nebulosa è necessaria invece una focale intorno ai 1000 mm, come nell’immagine della nebulosa Laguna (foto A. Ricciardi), mentre per la foto di Giove (A. Vannini) è stato utilizzato un telescopio con proiezione dall'oculare.

 

Come vediamo, non solo l’ampiezza dell’intero campo inquadrato, ma anche le effettive dimensioni che un dato oggetto avrà sulla pellicola sono di fondamentale importanza per la scelta della focale più adatta. La formula per la scala d’immagine, che abbiamo appena visto, serve soprattutto a questo: sapendo quanti gradi stanno in un millimetro di pellicola, possiamo anche sapere, inversamente, quanti millimetri sarà grande l’immagine di un oggetto di cui conosciamo l’estensione angolare:

Dimensioni (mm) = Ampiezza_angolare (gradi) / Scala (gradi/mm)

Le dimensioni così calcolate devono essere paragonate alla grandezza dell’intero fotogramma e alla granulosità della pellicola utilizzata. In generale, possiamo dire che se l’oggetto di cui calcoliamo le dimensioni è il soggetto principale della foto, esso dovrà riempire una buona frazione di essa e la sua larghezza dovrà essere almeno un quarto o un quinto della larghezza del formato utilizzato. In ogni caso dobbiamo sempre considerare che non si discernerebbe alcun particolare se l’immagine dell’oggetto fosse più piccola di mezzo millimetro perché risulterebbe deteriorata dalla grana.

Nella tabella 3 riportiamo, come esempio, la grandezza in millimetri del pianeta Giove (la cui estensione è di circa 50"), della Luna (circa 32 ') e del Grande Carro (circa 25°) per alcune delle focali più diffuse. Questa tabella ci permette di stimare quanto un obiettivo è adatto, o inadatto, per un dato soggetto; per esempio vediamo bene che non esiste alcun obiettivo fotografico in grado di offrire una buona immagine di Giove: per oggetti angolarmente molto piccoli, come appunto i pianeti, o le galassie più lontane, servono strumenti ottici con focali estremamente lunghe, dell’ordine dei dieci o venti metri e questo è possibile soltanto usando un telescopio col metodo della proiezione dall'oculare. Vicecersa, se l’oggetto è molto esteso non ha senso volerlo riprendere con un forte teleobiettivo allo scopo di “vederlo meglio”: si otterrebbe soltanto di tagliarne una parte al di fuori del fotogramma.

 

FOCALE

(mm)

Giove

(mm)

Luna

(mm)

 

Grande Carro

(mm)

 

24

0.006

0.22

10.5

50

0.012

0.46

22

135

0.03

1.26

59

200

0.05

1.86

87

500

0.12

4.65

218

1000

0.24

9.3

436

Tab. 3: Dimensioni delle immagini di Giove, della Luna e del Grande Carro prodotte da varie focali sul piano della pellicola (espresse in millimetri). É evidente come nessun obiettivo sia in grado di dare un’immagine abbastanza grande del pianeta Giove e, viceversa, come già un 135 mm ingrandisca l’immagine del Grande Carro oltre le dimensioni del formato della pellicola (24  36 mm).

 

Per gli oggetti di cui non conosciamo la precisa estensione angolare, si deve fare riferimento ad un buon atlante stellare sul quale ricavare questa misura dal reticolo delle coordinate. Meglio ancora sarebbe ritagliare dei riquadri di carta che rappresentino il campo inquadrato da ogni obiettivo e sovrapporli alla mappa della zona da fotografare, verificando direttamente l’effetto delle varie focali.

In conclusione, quanto detto finora può essere riassunto dal seguente schema, che ci farà da guida nella scelta degli obiettivi:

8  ÷ 16 mm  
20  ÷ 50 mm  
80  ÷ 300 mm  
500  ÷ 1000 mm  
1000  ÷ 2000 mm  

per riprendere l’arco della Via Lattea in tutta la sua estensione,
per ampie porzioni della Via Lattea e per le costellazioni,
per le nebulose diffuse più grandi e le nebulose oscure,
per le nebulose più piccole, la Luna, gli ammassi apetri e le galassie più grandi,
per gli ammassi globulari, le nebulose planetarie e le galassie.