La fotografia astronomica a grande campo

Gianluca Li Causi

 

Le fotografie astronomiche che si possono fare con la sola macchina reflex e il treppiede sono limitate alle sole immagini di panorami notturni, o di tracce stellari provocate dalla rotazione della Terra. Questa semplice strumentazione non è tuttavia sufficiente quando vogliamo riprendere scorci della Via Lattea o vogliamo registrare sulla pellicola anche le stelle più deboli di una costellazione: sappiamo che per questi soggetti sono necessari tempi di posa lunghi, che possono variare tra i 10 minuti e l’ora, perciò è necessaria una strumentazione in grado di mantenere il puntamento della macchina fotografica sulla zona fotografata.

 

Le montature equatoriali e la guida fotografica

Per controbilanciare l’effetto della rotazione terrestre bisogna montare la macchina fotografica su di un supporto che possa ruotare nel verso opposto a quello della Terra attorno a un asse parallelo all’asse di rotazione terrestre. Tale supporto prende il nome di montatura equatoriale. Essa è un meccanismo a due assi di rotazione di cui il principale, detto asse orario o di Ascensione Retta, viene allineato con la direzione Polo Nord - Polo Sud, mentre l’altro asse, detto di Declinazione, è montato ad angolo retto rispetto al primo (fig. 1). Ruotando la montatura attorno ai due assi delle coordinate equatoriali, è possibile puntare l’obiettivo, o il telescopio, verso un qualunque punto del cielo ed è sufficiente una lenta rotazione del solo asse orario per “inseguire” il moto apparente delle stelle. Naturalmente questa rotazione deve compiersi esattamente alla stessa velocità di quella terrestre, che è di un giro ogni 23h 56m 4s (giorno siderale): per far questo si usa un’apposita manopola di movimento micrometrico, presente sulla montatura, oppure si collega tale manopola ad un motore elettrico di cui si possa variare la velocità. Per controllare che l’inseguimento, manuale o elettrico, avvenga correttamente è inoltre necessario porre, accanto alla macchina fotografica, anche un piccolo cannocchiale, detto “strumento di guida”, con il quale si punta una stella di riferimento: se l’inseguimento è corretto, la stella deve sempre rimanere al centro dell’oculare, durante tutta l’esposizione. Per verificare questa situazione si usa un oculare dotato di un reticolo illuminato, che serve da riferimento per controllare gli eventuali spostamenti della stella (fig. 2).


Fig. 1: Montatura equatoriale di tipo tedesco: l’asse di Ascensione Retta viene allineato con l’asse
di rotazione terrestre per mezzo di un apposito “cannocchiale polare” che si trova
all’interno dell’asse stesso. L’asse di Declinazione è ortogonale a quello di Ascensione Retta
ed è quello su cui si monta il telescopio.

 


Fig. 2: Due tipi di reticoli per la guida fotografica: la stella di guida va mantenuta esattamente
al centro del reticolo per tutta la durata della posa.

 

La guida fotografica è un’operazione molto delicata e richiede molta pazienza: sin dal momento che si inizia la posa, bisogna controllare costantemente la posizione della stella rispetto al reticolo. Non appena essa si allontana dal centro, si aumenta, o si diminuisce, immediatamente la velocità del motore, o della rotazione manuale del comando micrometrico, fino a riportare la stella nella posizione originaria. E’ bene, inoltre, che l’ingrandimento del telescopio di guida sia molto alto, in modo che i piccoli spostamenti di correzione rimangano sempre inferiori alle dimensioni della grana e non siano visibili sulla foto finale.

Vi sono due tipi principali di montature: quella tedesca e quella a forcella, che differiscono tra di loro per il modo in cui è montato l’asse di Declinazione rispetto a quello di Ascensione Retta. Ognuna ha vantaggi e svantaggi, ma in generale per la fotografia a largo campo, cioè con obiettivi di corta focale, è preferibile la montatura tedesca (fig. 1), perché è più semplice montarvi una piastra che sorregga gli obiettivi e il cannocchiale di guida, mentre se si possiede un telescopio, l’uso dell’una o dell’altra è indifferente, in quanto il telescopio stesso fungerà da strumento di guida e la macchina fotografica sarà montata direttamente su di esso (fig. 3). Quest’ultimo modo di montare la fotocamera è detto “piggyback” e può essere usato anche per obiettivi di focale più lunga.

In commercio esistono anche degli apparecchi di inseguimento automatico, meno sofisticati e costosi delle montature equatoriali, progettati appositamente per la sola fotografia con obiettivi di corta focale. Questi astroinseguitori sono, in pratica, delle piccole montature equatoriali prive dell’asse di Declinazione e dotate del solo asse orario mosso da un motore a velocità fissa, già regolata in fabbrica. In effetti sono come dei grossi orologi che, invece di una lancetta, fanno ruotare la macchina fotografica e si usano senza cannocchiale di guida, fidandosi della precisione dichiarata dal costruttore.

Entrambi questi sistemi, montature e inseguitori automatici, dispongono di solito di un piccolo cannocchiale interno, o di un apposito mirino, che consente l’allineamento tra l’asse orario e l’asse terrestre, di cui parlavo all’inizio. L’asse che passa per il polo Nord e il polo Sud della Terra non è fisso nel tempo, ma varia la sua direzione, rispetto alle stelle, compiendo un percorso circolare in circa 26.000 anni(precessione) e attualmente esso punta quasi esattamente in direzione della stella più luminosa della costellazione dell’Orsa Minore, che proprio per questo è chiamata Stella Polare. L’allineamento della montatura verrà quindi effettuato usando questa stella come riferimento. Più esattamente, si punterà la Polare con l’apposito cannocchiale, che è montato all’interno dell’asse orario (fig. 1), trovando la reale posizione del polo celeste per mezzo di un particolare reticolo illuminato visibile nell’oculare. Quanto più precisa sarà questa operazione di “messa in stazione” della montatura, tanto più accurata risulterà la guida fotografica.


Fig. 3: Modo di montare una fotocamera sul tubo del telescopio (piggyback).
In questo caso, il telescopio stesso funge da strumento di guida.

 

Fotografare il cielo a largo campo

L’ampiezza del campo inquadrato da un obiettivo fotografico è direttamente proporzionale alla sua lunghezza focale. Questo fatto è ciò che determina la scelta dell’obiettivo in funzione dell’immagine che si vuole ottenere: focali corte per inquadrare larghe zone di cielo e focali lunghe per ingrandire particolari di piccola estensione. Cominciamo a parlare dell’uso astronomico degli obiettivi grandangolari che a torto è ritenuto, dai possessori di grossi telescopi, come un gioco banale, sul quale non vale la pena di perder tempo. In realtà, ottenere una bella foto della Via Lattea, o di un’intera costellazione, è una cosa molto difficile a causa di svariati fattori, che analizzeremo nel seguito.

L’uso di obiettivi come il grandangolare o il fish-eye, in astrofotografia, permette di riprendere l’intero arco della Via Lattea in una sola immagine, con notevole effetto spettacolare (fig. 4). L’inseguimento in questi casi è più facile, perché il piccolo ingrandimento dell’obiettivo mantiene gli eventuali errori di inseguimento al di sotto delle dimensioni della grana.

Ovviamente, quando si insegue il moto stellare, si ottiene un effetto di mosso sul paesaggio, se anch’esso è inquadrato assieme alle stelle, ma anche questo effetto è tanto più piccolo quanto più è corta la focale dell’obiettivo. I grandangoari e i fish-eye sono quindi particolarmente adatti per le foto in cui si voglia mostrare la Via Lattea sopra l’orizzonte terrestre, specialmente quando l’inquadratura è rivolta esattamente verso Sud, dove il moto stellare è parallelo all’orizzonte.

Un fattore particolarmente importante per la buona riuscita di una foto della Via Lattea a grande campo, è la limpidezza del cielo. Mentre per le foto delle costellazioni non è strettamente necessario avere un cielo particolarmente scuro, in quanto le stelle che le rappresentano sono già ben visibili ad occhio nudo, per la Via Lattea la qualità della foto è fortemente dipendente dalla presenza di inquinamento luminoso ed è fondamentale allontanarsi il più possibile dai maggiori centri abitati.


Fig. 4: Via Lattea dal Sagittario al Cigno, fotografata con un grandangolare di 16 mm di focale.
Gran Sasso, 10 minuti di posa ad F/4, pellicola ScotchChrome 800‑3200 sviluppata a 1600 ASA.
Fotografia di Massimo Piccinini.

 

La differenza tra una stessa foto a largo campo scattata da un cielo medio e da un cielo ottimo salta subito agli occhi guardando la figura 5: il problema fondamentale, con queste focali, è che spesso il campo inquadrato è così vasto che non si può evitare di riprendere qualche parte del cielo illuminata dalla luce artificiale, col risultato di avere un fondo disomogeneo, con luminosità e colori differenti nelle varie zone del fotogramma. Un fondo del genere non si può semplicemente filtrare in fase di stampa e quindi è del tutto ineliminabile. Per esempio, ci si trova spesso in situazioni in cui l’inquinamento luminoso è molto pronunciato soltanto vicino all’orizzonte, mentre nei pressi dello zenith si osserva un cielo molto scuro con una Via Lattea brillante, in questo caso è meglio inquadrare anche l’orizzonte, in modo che il fondo disomogeneo abbia almeno un’immediata interpretazione visiva.


Fig. 5: Confronto tra una foto della Via Lattea nel Sagittario ripresa sotto il cielo inquinato di Roma
(a) con quella ripresa da un cielo di montagna (b). Foto di A. Garatti.

 

Può sembrare un controsenso, ma esiste anche un tipo di inquinamento luminoso che si manifesta soltanto sotto i cieli più scuri e trasparenti: non si tratta di illuminazione artificiale, ma della luce zodiacale, una larga banda di luce, paragonabile alla Via Lattea, che si può vedere lungo l’eclittica nei periodi dell’anno intorno all’equinozio di primavera o d’autunno. La luce zodiacale non è altro che luce del Sole diffusa dalle particelle di polvere disperse nel Sistema Solare e maggiormente concentrate lungo il piano dell’orbita terrestre. In cielo essa appare come una striscia di forma triangolare, che si innalza dall’orizzonte fin quasi allo zenith, visibile ad Ovest, o ad Est, rispettivamente dopo il tramonto, o prima dell’alba (fig. 6). Questa luce si mantiene ben visibile per circa un’ora, o un’ora e mezza, dopo la fine del crepuscolo, o prima dell’aurora, in piena notte astronomica.


Fig. 6: La Luce Zodiacale, fotografata accanto alla Via Lattea dalla cima del Gennargentu.
Questa lumosità, ben visibile solo dai cieli più scuri, è un tipo di inquinamento luminoso naturale.
Obiettivo 16 mm ad F/4, pellicola Kodak Pro Gold 400 GPM, 15 minuti di posa. Fotografia dell’autore.

 

Se il nostro scopo è avere un’immagine della sola Via Lattea, la presenza della luce zodiacale può essere molto fastidiosa e, se non possiamo attendere il tramonto della luce zodiacale perché la costellazione che vogliamo fotografare diverrebbe troppo bassa sull’orizzonte, non potremo fare altro che rimandare la nostra foto: non tutti i periodi dell’anno in cui un soggetto astronomico è al di sopra l’orizzonte sono dunque buoni per fotografarlo, perfino dai cieli di un deserto.

Un altro fenomeno da tener presente per la fotografia a largo campo, è la rifrazione atmosferica e si evidenzia quando si ha la fortuna di trovare un cielo così limpido da potersi permettere di fotografare oggetti molto bassi sull’orizzonte senza che questi vengano indeboliti dall’assorbimento atmosferico, per esempio quando si vuole tentare di riprendere regioni di Via Lattea a declinazioni molto basse che, viste dalle nostre latitudini, non si alzano mai per più di qualche grado dalla linea dell’orizzonte. In questi casi la rifrazione atmosferica (la stessa che produce l’effetto di schiacciamento del Sole al tramonto) devia la posizione apparente delle stelle più vicine all’orizzonte provocandone un mosso sull’immagine (fig. 7).


Fig. 7: La rifrazione atmosferica provoca un mosso sulle stelle molto vicine all’orizzonte,
come si vede molto bene in questa foto della Gum Nebula, fotografata, a pochi gradi dall’orizzonte,
dai cieli eccellenti dell’isola di La Palma. Obiettivo 180 mm su pellicola Kodak TP2415.
Fotografia di A. Garatti, G. Li Causi, A. Ricciardi, A. Vannini.

 

Un modo alternativo di riprendere l’intero arco della Via Lattea, ma con maggior dettaglio, è quello di fare un mosaico di molte foto, scattate con un grandangolare medio, come un 28 mm o un 35 mm e tutte esposte con lo stesso identico tempo di posa e nella stessa nottata, in modo da garantire la massima uniformità. Per un lavoro del genere è tuttavia indispensabile disegnare dapprima l’intera sequenza delle inquadrature su una carta stellare, orientando preferibilmente i lati delle immagini con gli assi di Ascensione Retta e Declinazione e prevedendo una parziale sovrapposizione dei bordi di ogni foto. Al momento della composizione delle stampe finali, che anch’esse si dovranno riprodurre tutte con la medesima filtratura di stampa, dovremo porre molta attenzione nel ritagliare le foto nel modo corretto: i grandangolari infatti hanno sempre notevoli deformazioni prospettiche che rendono disuniforme la scala d’immagine e fanno sì che gli oggetti siano un poco più ingranditi verso i bordi della foto. Per esempio, capiterà che due stelle, inquadrate al bordo di una foto, saranno più vicine nella foto adiacente dove sono inquadrate più vicine al centro, perciò non saranno sovrapponibili. Bisogna quindi unire le foto lungo una linea che stia ugualmente distante dal centro di ciascuna, così da sovrapporre le stelle perfettamente (fig. 8).


Fig. 8: Composizione di due foto della Via Lattea. Fotografie di A. Garatti, G. Li Causi, A. Ricciardi, A. Vannini.

 

 

Riepilogo

Ripercorriamo dunque i vari passi di una sessione di fotografia astronomica a largo campo: una volta montati gli obiettivi e allineata la montatura, o l’astroinseguitore, con il polo celeste, individueremo la zona del cielo più lontana dal chiarore dell’inquinamento luminoso artificiale e della luce zodiacale e al tempo stesso quanto più possibile vicina al meridiano (la linea che va da Nord a Sud, passando per lo zenith): infatti, quando le costellazioni attraversano questa linea, si trovano alla loro massima altezza sull’orizzonte e la loro luce è meno assorbita dall’atmosfera. Se la parte si Via Lattea che vogliamo riprendere non è ancora passata al meridiano, sarà bene attendere fino a quel momento, dedicandosi nel frattempo a fotografare altri oggetti che già si trovano nella zona selezionata.

Gli obiettivi grandangolari inquadrano un angolo molto ampio e un paraluce sarà certamente molto utile sia per schermare eventuali luci esterne, sia per riparare il più possibile la lente frontale dall’umidità notturna.

Si punterà quindi, al centro del reticolo dello strumento di inseguimento, una stella di guida la più luminosa possibile, che sia anche molto vicina al centro della foto e si controllerà l’inquadratura sul vetrino smerigliato della reflex, magari aiutandosi con una carta stellare illuminata da una lampada tascabile dalla luce rossa.

Se desideriamo inquadrare anche l’orizzonte, sarà necessario che la macchina fotografica venga montata su uno snodo che consenta di ruotare l’inquadratura rispetto alle coordinate equatoriali.

Una volta inquadrato il soggetto e caricata la pellicola, ci si posizionerà, possibilmente seduti, all’oculare di guida e si controllerà che l’inseguimento proceda in modo corretto; quindi si avvierà la posa usando uno scatto flessibile abbastanza lungo da poterlo maneggiare comodamente dalla posizione di guida e si resterà a controllare la stella fino alla fine dell’esposizione.

Attenzione a ricontrollare tutto prima di ogni scatto: diaframma, tempo di posa sul valore B, messa a fuoco, caricamento della pellicola, disabilitazione dell’esposimetro a led, blocco del flessibile in posizione giusta per mantenere la posa B e carica della batteria. Di tanto in tanto, ricordarsi anche di dare un’occhiata alla zona che si sta fotografando, per verificare che non vi stiano passando nuvole o aerei.